TRA IL PUGNO E L’ORSACCHIOTTO
La segretezza in quanto fenomeno transizionale e parte costitutiva del processo adolescens.
“Tra l’inchiostro che si infiltra
e la carta avida di berlo,
il pennello conferisce un senso”
.
E’ nota l’importanza che gli oggetti transizionali e i fenomeni transizionali ricoprono nello sviluppo del bambino piccolo. Da qui siamo partiti e abbiamo seguito il pensiero di Winnicott nella definizione dell’area intermedia, per rintracciare una cornice nella quale poter iscrivere l’esperienza della segretezza.
Abbiamo poi riflettuto su quanto questa esperienza fondamentale possa essere altresì collegata al processo adolescens, come è fondato nel pensiero di Gutton, in quanto esperienza collegata all’organizzazione strutturante il pubertario. Da ultimo abbiamo collegato il significato di segretezza ad una difesa rispetto a ciò che nel pubertario è angoscioso e perturbante, il corpo in metamorfosi sempre secondo Gutton, assimilandola alla discrezione.
Winnicott (1951) arriva a definire “l’area dell’illusione” tramite l’osservazione diretta. Osserva che c’è un primo possedimento molto importante per i bambini e i loro genitori. Lo chiama “primo possedimento non-me”.
Sono questi oggetti altri (non-me appunto) che vengono intrecciati nel proprio schema personale. La loro origine è molto primitiva, sono legati a forme di esperienza auto-erotica. In questo contenitore sono iscritti i primi contatti con oggetti esterni, come il lembo della coperta, o il balbettio. Ma quale funzione ricoprono queste esperienze?
Da queste esperienze può emergere un fenomeno particolare (“magari un batuffolo di lana o l’angolo della coperta o piumino, o una parola o una canzoncina o un manierismo”)
che diventa fondamentale per il funzionamento mentale del bambino. L’autore lo chiama oggetto transizionale e ha un valore di difesa rispetto ad angosce di tipo depressivo.
Seguendo Davis e Wallbridge ricordiamo che il luogo teorico dell’oggetto transizionale è la zona d’illusione. “Non è né me, né non me.”
Questo è un paradosso che ha valore di per sé e lo stesso Winnicott sostiene che non si può porre la domanda al bambino se l’oggetto transizionale è stato concepito da lui o l’ha trovato fuori di sé.
Fondamentale per comprendere questo discorso è la differenza con il simbolismo. Seppure il lembo della coperta è simbolico di un oggetto parziale come il seno, ciò che importa rispetto all’oggetto transizionale è tuttavia proprio la sua realtà. Significa la madre, ma è importante che non sia la madre.
Quando usa il simbolismo un bambino sa già distinguere fra oggetti interni e oggetti esterni. Mentre l’oggetto transizionale è ciò che pone il bambino in grado di accettare queste differenze.
Un altro interessante confronto è quello con l’oggetto interno kleiniano.
L’oggetto transizionale non è un oggetto interno (che è un concetto mentale). E’ un possesso. E tuttavia per il bambino non è nemmeno esterno.
Winnicott pone fortemente l’accento su un territorio di confine.
Il bambino può usare un oggetto transizionale solo quando ha un oggetto interno abbastanza buono ( non troppo persecutorio). Ma questo oggetto interno dipende, per quanto riguarda le sue qualità, dall’oggetto esterno, seno e ambiente in generale. Se l’insuccesso dell’oggetto esterno persiste, quello interno non riesce ad assumere nessun significato per il bambino. E dunque anche l’oggetto transizionale diventa senza alcun significato. Dunque l’oggetto transizionale può significare il seno esterno, ma solo attraverso il suo significato di seno interno.
Infine l’oggetto transizionale non è mai sotto un controllo magico, come l’oggetto interno, né assolutamente senza controllo come la madre reale
.
Vediamo di entrare maggiormente su questo confine nel quale si iscrivono il fenomeno e l’oggetto transizionale. Vediamo più da vicino come viene definita questa area intermedia o zona d’illusione.
Il bambino non ha nessuna possibilità di procede dal principio di piacere a quello di realtà e di superare l’identificazione primaria, se non è assistito da una madre sufficientemente buona.
La madre all’inizio con il suo adattamento quasi perfetto offre al bambino la possibilità di illudersi. C’è un’immediata risposta al bisogno… tanto che non c’è bisogno, nulla manca.
Potremmo definirla fase del controllo magico. L’onnipotenza è allora quasi un fatto di esperienza.
Il fattore evolutivo sta tutto nella possibilità che la madre deluda gradualmente il bambino, ma questo non sarà possibile se prima non ci sia stata una sufficiente illusione.
L’illusione sta nel rapporto fra ciò che viene oggettivamente percepito e ciò che viene soggettivamente creato.
L’area intermedia è dunque l’area che viene concessa al bambino tra la creatività primaria e la percezione oggettiva basata sulla prova di realtà.
“I fenomeni transizionali rappresentano le prime fasi dell’uso dell’illusione, senza la quale non vi è per l’essere umano nessun significato nell’idea di relazione con un oggetto che è percepito come esterno.”
In altre parole vi è al principio una sovrapposizione fra ciò che la madre offre e ciò che il bambino può concepire. Il bambino concepisce il seno solo nella misura in cui lo può concepire lui stesso in quel luogo in quel momento.
Se tutto va bene da questo processo di delusioni e frustrazioni comincia la fase che chiamiamo svezzamento.
Ogni essere umano compie un continuo sforzo per mettere insieme le due realtà e questo compito è alleviato da questa area intermedia.
In ultima istanza possiamo ritenere che nella misura in cui questa distinzione dentro-fuori venga a vacillare, la possibilità di ritirarsi in questo spazio sia funzionale alla psiche umana.
Novelletto introduce il fenomeno della segretezza come caratteristica generale del sé adolescente e indica nella prima adolescenza la riviviscenza di fenomeni transizionali. Di fenomeni appunto più che di oggetti, in quanto in adolescenza la concretezza dell’oggetto transizionale non è più importante e fornisce l’appoggio sul quale il fenomeno transizionale, nel suo significato evolutivo, può dispiegarsi.
La qualità dell’oggetto e la sua funzione rispetto all’aspetto fenomenico, in questa fase evolutiva, vanno altresì incontro a vicissitudini diverse. La qualità sensoriale, continua Novelletto, è legata “alle fluttuazioni degli investimenti pulsionali” e così ha a che fare soprattutto con l’attività e le fantasie masturbatorie. Dunque quando questo possesso non-me è facilitato dall’aspetto sensoriale-concreto è connesso all’identità corporea.
Mentre l’aspetto fenomenico-processuale definisce le esperienze fondamentali del sé. Queste esperienze permettono all’adolescente di sperimentarsi “in uno spazio segreto all’interno del sé e attorno al quale il sé può differenziarsi.
”
All’autore sembra interessare maggiormente questo aspetto organizzatore dell’esperienza, definendolo attraverso lo spazio intermedio creato dal fenomeno transizionale.
La segretezza, il segreto, sono custodi del sé e l’identità personale durante soprattutto la prima adolescenza ha bisogno di questo particolare rifugio. Come al principio, la distinzione fra realtà interna e realtà esterna sembra vacillare. Qualcosa di perturbante è intervenuto sulle sicurezze del mondo infantile. Qualcosa minaccia l’esistenza stessa del pensiero, la possibilità che ci si integri in quanto soggetti della propria esperienza.
Novelletto parla di confusione di identità assimilabile ai processi di depersonalizzazione, come se una parte di sé guardasse un’altra parte sottoposta alle spinte maturative. Come se bisognasse essere in grado di lasciare cadere alcune parti di sé e integrarne delle altre, nuove, relative ad un corpo in angoscioso cambiamento. E lasciar andare un certo tipo di rapporto con gli oggetti originari: ma parlare di distacco equivale a parlare di depressione. E infatti qui è possibile per la prima volta rimpiangere epoche andate, l’infanzia che fu.
Questo distacco ci sembra poter essere assimilato alle prime frustrazioni subite dal bambino. Seguendo Winnicott potremmo parlare di delusione, lì dove l’illusione stava in qual rapporto magico (che poi rimanderà all’area intermedia) con la realtà esterna, l’oggetto originario, che ora bisognerà allontanare.
La segretezza ci sembra così poter essere assimilabile in quanto esperienza da una parte a ciò che custodisce e lascia rigenerare un’esperienza soggettiva fondamentale. Da un altro punto di vista vorremmo porre l’accento sugli aspetti regressivi del segreto come area intermedia di rinnovata illusione.
Ci sembra interessante per approfondire questo passaggio metterlo in relazione con il pubertario e con la discrezione per come ne parla Gutton.
Seguiamo dunque l’autore francese cercando di valutare se fosse possibile iscrivere questa esperienza, in quanto fenomeno transizionale, in ciò che questo ci dice sul processo adolescens
. Se fosse possibile, ci sembrerebbe interessante poter descrivere la segretezza anche alla luce di un suo ruolo fondante nella crisi adolescens, in quanto approfondire è anche il dire lo stesso, ma da un altro punto di osservazione.
Consapevoli del terreno difficile su cui si stiamo avventurando cerchiamo di seguire da vicino P. Gutton.
Come coordinate di questa breve ricognizione ci riferiamo al suo lavoro su “psicoterapia e adolescenza”. Gutton al principio segna dei punti rispetto alla dialettica fra identità e cambiamento.
Dunque: la pulsione sessuale ha infine trovato la sua meta.
Questo fatto porta alla nascita di sistemi psichici definiti dall’autore arcaici genitali.
Sempre questo fatto porta alla rottura nella continuità del soggetto con la propria infanzia. “Il pubertario è il mio modo di designare questa trasformazione”
.
L’adolescente è come trascinato fuori dal suo io e dalla sua legge (l’arcaico genitale mette in scacco io e super-io come istanze moderatrici della nevrosi infantile). Il punto è che tutto ciò chiama il funzionamento psichico ad uno sballottamento tra pulsionalità e narcisismo, esempio di regressione necessaria per rielaborare l’edipo o per provocare vicoli ciechi nello sviluppo.
Qui vediamo come la pubertà si verifichi innanzitutto come una profonda crisi che getta la sua ombra innanzitutto sulla soggettività stessa.
E dunque come può l’adolescente ritrovare in questa novità una diversa identità? Qui Gutton ci dice che “per entrare nella regressione e per uscirne è necessaria una terza figura. Senza di essa l’arcaico genitale invece di essere fonte di creazione, è caos.”
Qui ritroviamo l’oggetto transizionale, che ha il vantaggio di essere al tempo stesso pulsionale e narcisistico.
Vediamo come l’autore proponga una definizione dell’oggetto terzo, in senso generale, come mediatore tra due poli opposti
.
Novelletto propone come riferimento il fenomeno, in quanto esperienza fondante. Qui la strada va verso un custodire la propria identità, mentre si assiste ad una vera e propria rivoluzione, in cui qualcosa va perduto. Entrambi i passaggi ci sembrano assimilabili all’esperienza dell’illusione-delusione, nella quale le prime fasi dell’io del bambino si strutturano sulla mancanza, sulla frustrazione, appoggiandosi ad uno spazio terzo effettivamente mediatore.
Ma nel nostro discorso l’aspetto che maggiormente ci interessa non è tanto la mancanza, sulla quale si strutturerà l’io, quanto piuttosto il drammatico impatto fra realtà interna e realtà esterna e la funzione che l’area intermedia ha rispetto a questa dinamica.
Gutton prosegue, rispetto a questo oggetto terzo, dicendo che il processo di elaborazione adolescens è sinonimo dei transfert delle scene pubertarie, “che sono per definizione legate ad un Altro”
.
Questo punto ci interessa particolarmente perché sia nel passaggio illusione-delusione, sia nel momento della segretezza che nell’elaborazione adolescente del corpo che si genitalizza ne va di sé e dell’altro.
Per essere possibile questa elaborazione deve avere come premessa un “formidabile” lavoro di allucinazione negativa.
In sintesi
: se l’inconscio esercita una pressione considerevole sul preconscio, questo sarà particolarmente impegnato e saturo di queste fantasie eccitanti. Se al contempo il preconscio è debole, tanto fragile sul confine interno quanto su quello esterno, la forza esercitata dalle percezioni esterne eserciterà una pressione considerevole. Il risultato è che gli elementi del preconscio si confondono con quelli degli stimoli esterni… ma come due treni lanciati a tutta velocità l’uno come l’altro senza semafori e senza freni.
“Il rischio è quello dell’esplosione, dell’implosione, della frammentazione, della dispersione, o dello scoppio dell’io, sia esso soggettivo o oggettivo. L’allucinazione negativa è una difesa fondamentale, che scatta per impedire la collisione”.
Perché la sua funzione, come dice Green, è quella di mandare al deposito uno dei due treni, di stabilire uno spazio bianco permettendo al soggetto di non essere il luogo di questo potenziale drammatico impatto. Sospende.
Questo sembra essere assimilabile ad un processo psichico che presiede alla creazione dello spazio intermedio, transizionale. Anche il passaggio alla segretezza potrebbe essere inserito, ci sembra, in questo processo, lì dove l’adolescente “parcheggia” per un pò la percezione esterna
e si dedica alle sue rappresentazioni interne
.
Potremmo dire che nell’elaborazione adolescens, così come in parte nella segretezza, nella misura in cui l’inconscio rischia di collassare sulla realtà esterna, l’adolescente deve arrivare a distinguere fra pressione interna e l’oggetto esterno (genitoriale).
Anche nel fenomeno transizionale è presente questa difesa per impedire la collisione.
Ci ricorda Winnicott che “il compito dell’accettazione della realtà non sia mai terminato, che nessun essere umano si liberi dallo sforzo di collegare la realtà interna con la realtà esterna, e che tale sforzo venga alleviato da un’area intermedia che è indiscussa”
Da ultimo ci si concedano un paio di fermate intermedie. Arrivati a questo punto, che è poi un incrocio fra diversi sentieri, la nostra riflessione osserva il paesaggio ma senza proseguire oltre.
Sul territorio dell’area intermedia abbiamo incontrato l’esperienza fondamentale della segretezza. Abbiamo provato ad assimilarla ad una parte dell’elaborazione adolescens, provando ad associarla ad una necessità difensiva rispetto al pubertario. Ci è sembrato che la segretezza potesse essere a sua volta fondata su quanto gutton riporta dell’allucinazione negativa.
Sarebbe a questo punto interessante vedere i sentieri che collegano ciò che fonda il pubertario, questo corpo che cambia e si fa genitale, ma anche estraneo, perturbante, fonte di alienazione, Altro, con i primi possedimenti non-me. Come se appunto, alla base di questo tipo di esperienze critiche della soggettività, il corpo stesse come l’oggetto da possedere delle primissime relazioni con l’oggetto nell’infanzia.
Un segreto da custodire dunque. E nella “confusione delle lingue” (come la definisce Gutton parafrasando Ferenzi), in cui consiste la pubertà, la discrezione è d’obbligo.
In adolescenza è difficile “chiamare gatto un gatto”
.